Elogio erotico/eretico. Il “sacro”, per definizione, è separato dalla vita. Esso è qualcosa di “altro” che sembra oltrepassare le dinamiche umane per rifugiarsi in una dimensione divina, esclusiva di un certo tipo di credo o religione. La riflessione posta in essere dalla manipolazione dell’oggetto riconduce la sfera del sacro ad una radice prettamente umana e ne rovescia le coordinate di senso a favore di un’esperienza del sacro intimamente umana, individuale, che non può prescindere dall’erotismo e dalla divinizzazione dell’anatomia femminile, talvolta martirizzata, altre volte banalizzata e in generale inflazionata nella nostra contemporaneità. Una femminilità che giace come una reliquia, testimonianza di un sacrificio reiterato nel tempo. L’opera si propone di restituire dignità alla dimensione erotica dell’uomo e alla poetica corporea femminile, attraverso un rovesciamento simbolico che si appropria del simulacro religioso, ora spogliato da ideologie e preconcetti di sorta, riportato alla sua autentica purezza.
Ostensorio fine XIX secolo, calco in gesso. 20x55x15 cm