Dove c’è molta luce, l’ombra è più nera.

Stefano Mariani ha conseguito la maturità artistica nel 1977 e nel 1983 si è laureato in Architettura presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia. Dal 1992 è titolare della cattedra di progettazione presso il Dipartimento di Architettura e Ambiente del Liceo Artistico Michelangelo Guggenheim di Venezia nel quale ha anche avviato, nell’anno 2009, l’indirizzo di Audiovisivo e Multimediale. L’artista, tra i tanti progetti, è presente anche nella galleria d’arte online Kaboomart.

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Quali sono le ragioni che ti hanno spinto a iniziare il tuo percorso artistico?
Provengo da una formazione artistica, sia come percorsi di studi che come attività lavorativa. Per questo non sono in grado di identificare un momento preciso della mia vita in cui ho deciso di intraprendere un’attività artistica. Ho sempre lavorato nei campi della grafica, della pittura, della didattica dell’arte e della progettazione architettonica. Già dall’infanzia avvertivo la necessità di esprimermi con immagini. Le preferivo alle parole e ho sempre tenuto matite e pennelli in mano. La prima esposizione personale è del 1991, a 32 anni e forse è proprio in quel momento che le mie necessità e le mie passioni si sono trasformate in una professione vera e propria.

Parlaci della tua evoluzione artistica
La mia evoluzione artistica è legata soprattutto alle tecniche. Più che gli intenti, i soggetti e le tematiche sono cambiate le tecniche. I primi lavori erano più vicini al disegno che alla pittura. L’utilizzo di inchiostri e chine decolorate si è evoluto nella pittura ad olio su tela che mi ha accompagnato per più di un decennio. Da questa tecnica tradizionale sono passato gradualmente a tecniche più elaborate e messe a punto negli anni con sperimentazioni che tutt’oggi sono in corso e che meglio si prestano a rappresentare i miei soggetti. Mi riferisco a tecniche dove sono presenti strati e velature di colore ottenuti con grafite stemperata, acrilico e smalti, bitume di giudea e cera d’api. Continuerò a lavorare in questo modo affinando via via i procedimenti anche se sto iniziando in parallelo un’attività di produzione serigrafica su carta in modo da produrre lavori a tiratura limitata e non più pezzi unici.

Stefano Mariani

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Cosa provi quando hai davanti una tela bianca?
All’inizio di un lavoro c’è lo smarrimento che nell’Arte Bizantina viene chiamato ‘horror vacui’. Anche se hai un progetto in testa il vuoto fa paura perché sta a indicare l’inizio di un percorso, la partenza. Necessito di molto autocontrollo per portare avanti il lavoro così come è stato pensato. Nonostante ciò accetto di buon grado quelle che io chiamo varianti in corso d’opera che danno valore anziché toglierlo ma il lavoro finito non si deve discostare troppo dal progetto iniziale. La mia non è un’ arte impulsiva che esprime un mio momento preciso o un mio stato d’animo passeggero. È piuttosto l’espressione di un momento collettivo, il ritratto di una società contemporanea fatto di inquietudini, di punti ombrosi ma anche di speranza e di amore per la vita.

C’è qualcosa che vorresti imparare? Dove vorresti che ti portasse la tua ricerca artistica?
Come si dice spesso nessuno nasce ‘imparato’ e nel campo della pittura questo è più vero che mai. Personalmente più che imparare da zero sento la necessità di affinare e approfondire tutte quelle tecniche che accennavo sopra. Sento che c’è ancora molto da fare perché la vena non è per niente esaurita. La via della mia ricerca artistica è aperta: non posso sapere dove mi porterà ciò che sto portando avanti da ormai 40 anni, non voglio fare progetti perché sono concentrato sul presente, dove c’è molto da fare.

Pensi che l’Arte debba essere un “colloquio” con sé stessi o con gli altri?
L’Arte è l’espressione di un essere umano che attraverso un prodotto della mente (o se vogliamo dell’animo) utilizza un linguaggio senza tempo, senza confini geografici e universalmente comprensibile che esprime la propria interiorità. Per questo non si limita a un monologo con sé stesso ma è comunicazione. È come parlare alla finestra rivolgendosi al mondo, cioè agli altri. E sono gli altri che possono ascoltare, recepire, comprendere. L’interiorità dell’artista che utilizza linguaggi e strumenti di comunicazione da tutti fruibili (pittura, scultura, musica, poesia, ecc…) solleva questioni, genera emozioni che sono di dominio pubblico perché chiunque può riconoscere sé stesso all’interno di quel contesto.

Stefano Mariani

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Chi pensi che possa apprezzare e comprendere meglio la tua arte?
Non lavoro per un target preciso ovvero per un genere specifico di collezionisti e non mi è mai accaduto di lavorare su committenza. Ho però di recente verificato che la maggior parte dei miei dipinti, quelli che sono stati venduti, si trovano all’interno di spazi pubblici e uffici professionali. Per esempio biblioteche, studi notarili, studi legali e di architettura. Sono stati posizionali in sale d’attesa, sale riunioni e luoghi dove si riceve un tipo di pubblico. Da questo deduco che i miei lavori sono apprezzati da persone di cultura il cui carattere, oltre ad essere improntato dal predominio dei valori della ragione, presenta una sensibilità che rende ricettivi i contenuti e le tematiche della mia pittura.

Quali sono i tuoi sogni nel cassetto?
Mi sentirei gratificato se i miei lavori fossero utilizzati per allestimenti di set televisivi o per set fotografici pubblicitari legati all’interior design. Penso che i miei lavori si prestino molto a rappresentare e comunicare in modo telegrafico messaggi profondi. Messaggi che spaziano da argomenti ambientali a temi legati all’interiorità umana e all’introspezione. Hanno inoltre una valenza di ‘estetica del contemporaneo’ e per questo si prestano ad apparire su cover di libri di narrativa e saggistica o come grafica di prodotti filmici o musicali.

Una citazione o una frase che ripeteresti volentieri.
Dove c’è molta luce, l’ombra è più nera. È una citazione di Johann Wolfgang von Goethe che amo molto perché mi rappresenta.