Fare, pensare, essere

Sergio Mario Illuminato è un artista italiano emergente ed è tra quelli che maggiormente spiccano nel panorama internazionale. Intellettuale eclettico, oltre ad aver esposto come pittore e scultore in numerose personali e collettive in Italia, Francia, Emirati Arabi Uniti, Lettonia, Regno Unito, Russia, sta animando il dibattito dell’opinione pubblica per generare nuove riflessioni sull’arte con espressioni quali “Organismi Artistici Comunicanti” o “site-coexistence”.

Arriva ora in libreria un suo libro sui temi di estetica-filosofia CORPUS ET VULNUS, omaggio a Tàpies, Kiefer e Parmiggiani, con la prefazione di Franco Speroni, storico e critico d’arte dell’Accademia Belle Arti di Roma.

Abbiamo avuto il piacere di ospitare nel nostro salotto virtuale lo scrittore e artista, fondatore del Movimento VulnerarTe, per parlare con lui in questa Intervista esclusiva del valore dell’arte nella società moderna e per indagare il suo animo multiforme ed imprevedibile oltre il genio artistico e la fragile attitudine umana.

Ci può dire qual è il concetto principale che ha guidato la scrittura del suo libro “Corpus-et-Vulnus”?

In “Corpus-et-Vulnus” parlo innanzitutto del Nulla. Sì, perché come dice Anselm Kiefer – un artista sotto i riflettori mondiali, che nel libro tengo stretto come mentore del mio saggio di estetica e filosofia, insieme a Tàpies e Parmiggiani – da qualcosa bisogna pur partire. E nel libro, il rampino a cui mi sono aggrappato in questo Nulla, è stata la matericità a farmi sentire, fin dalle prime pennellate figurative che, come una tela, la nostra quotidianità è solo un’illusione.

Se nella sua opera, il Nulla ha un ruolo importante, potrebbe spiegare meglio come ha utilizzato questa idea nel suo lavoro?

Sempre nel FARE, cioè nel processare il puro pigmento cromatico messo contro una cosa fisica che è la tela e nel dialogare con la traccia pittorica materica autonoma che vuole raccontare sé stessa reclamando i suoi diritti, scopro che così come nella vita anche nell’arte c’è un confine e che deve essere superato, ma che non si passa senza dolore.

Come ha affrontato le limitazioni del medium pittorico e quali soluzioni ha trovato per superarle?

L’attenzione iniziale è stata concentrata nel dove condurre le limitazioni che costituivano il medium della pittura: cioè la superficie piatta, la forma del supporto, le proprietà del pigmento. Quindi, nell’affrontare il problema circa il tipo di materia e circa il tipo di informazioni di materia che potevano transitare sulla tela per concedere una potenza vitale a questa unicità espressiva. La prima soluzione l’ho trovata nel modo più antico possibile, facendo diventare la pittura un-uno con la scultura. In questa trasformazione continua della materia sulla tela arriva, poi, il gesto del taglio perché, nell’arte come nella vita, arriva la ferita che non può più rimarginarsi, ma che deve essere superata con coraggio.

pigmenti in polvere e acrilico su tela Sergio Mario Illuminato
Azzurro silenzio, Sergio Mario Illuminato

Perché ha deciso di includere il taglio nel suo processo creativo?

Il rferimento è al ciclo perenne di nascita-vita-morte che è connaturato alla nostra umanità, nella vita, nell’arte. Poiché, come meglio definito nel concetto di chiasma o intreccio nel dirla alla Merleau-Ponty: «…non siamo solo nel mondo ma anche del mondo».

Il titolo del suo libro richiama l’unione tra il corpo e la vulnerabilità. Potrebbe spiegarci perché ha scelto questi due concetti?

Scrivo nel libro: “Ma in questa prima fase processuale – fondamentale e intensa, rivolta alla concretezza della materia, una materia con la quale esperisco una gettatezza e una fatticità creativa continua-aperta-inconcludibile, in cui è trasfusa lo schiudersi e il ritrarsi della realtà – ad un certo punto così come lo stesso Kiefer dice: «Tutto cambia quando mi allontano dalla tela: ora ho qualcosa davanti a me, il quadro è là, e io ci sono dentro. E subito arriva la delusione: mi accorgo che qualcosa manca, ma non so che cosa. L’opera, una volta chiarito che è manchevole e non finita, può aver senso solo se messa in relazione con qualcosa d’altro, che a sua volta sia incompleto: come la storia, la natura, la storia naturale»”

Ecco il punto! Solo nel FARE mi sono reso conto che la mia idea di lavoro anno dopo anno si andava a concretizzare sempre più su un PENSIERO: il corpo-e-la vulnerabilità. Uniti da un trattino.

Mi domando perché sono anelli forti dell’essenza dell’umanità. Mi domando perché rappresentano l’energia che ci ha fatto evolvere nel corso dei secoli. Mi domando anche perché questi aspetti nella società moderna sono spesso nascosti o emarginati. E così che arrivo al titolo del libro pubblicato in omaggio a Tàpies, Kiefer e Parmiggiani. Perché il mio personale linguaggio artistico si è sviluppato attraverso la sperimentazione e l’ispirazione di questi grandi maestri.

Sergio Mario Illuminato pigmenti metallici e albume di uovo su tela
Divieto di fissione, Sergio Mario Illuminato

Nella sua pratica artistica, come ha integrato la tradizione dell’arte informale e concettuale?

La mia pratica artistica è fortemente influenzata dalla tradizione dell’arte informale e concettuale, in cui la trasformazione irreversibile e continua è parte integrante del processo creativo. Scrivendo il libro mi arriva l’illuminazione che per me è importante liberare il corpo e la vulnerabilità nell’arte! Perché questo processare il corpo e la vulnerabilità, nel mio modo di vedere le cose, attraverso il lavoro sulla tela mira a far emergere cosa nella realtà si nasconde dietro al mondo-in-funzione, così ben levigato!

E soprattutto a disimparare le molteplici gabbie in cui spesso siamo intrappolati.

Nel libro, parla della necessità di superare un confine nell’arte e nella vita. Cosa intende per questo?

«Corpus-et-Vulnus» è la ricerca di una sintesi alchemica esistenziale che fonde l’aspetto fisico e quello spirituale. In modo visivo, cerco di svelare e autenticare questa unione attraverso una combinazione di pittura-scultura. Non si tratta solo dei volumi aptici innescati nella mia pittura. Ma ho smesso, insieme a tante altre cose, anche di attaccare il chiodo della pittura alla parete di una galleria e ho fatto scendere i miei dispositivi a terra. E per realizzare la mia visione artistica li ho chiamati OAC Organismi Artistici Comunicanti, proprio perché con questo nome voglio alimentare un’idea dell’arte come processo legato strettamente alla vita ed a una natura del tutto collaborativa. Attraverso la creazione di eventi espositivi con matrice performativa  – ben rivelata dalla preziosa prefazione dello storico e critico d’arte Franco Speroni – e l’utilizzo di spazi unici come l’ex carcere di Velletri, dove realizzerò nei prossimi mesi i nuovi progetti del Movimento VulneraTe, ho cercato di creare una relazione più vera tra la mia arte, i partecipanti e l’ambiente circostante, dove tutto il processo di relazioni che ne scaturisce possa essere un valore di verità scambiabile.

Sergio Mario Illuminato

Infine, come spera che il suo lavoro possa influenzare il pubblico e quale messaggio vuole trasmettere attraverso la sua arte?

Dopo FARE e PENSARE. Arriviamo alla terza parola evidenziata nel libro: ESSERE. Il mio obiettivo è creare una connessione profonda tra l’artista, il pubblico, la luce, l’olfatto e gli spazi espositivi, al fine di creare un nuovo punto di vista che offra nuove possibilità al nostro quotidiano. In questo senso, in uno spazio dell’800 che 40 anni fa è stato abbandonato e oggi è ibernato nelle condizioni immutate in cui è stato lasciato, cerco di superare la definizione site-specific, oppure site-sensitive, per parlare invece di site-coexistence, cioè il tentativo di creare un dialogo tra più esistenze, non un confronto ma una relazione, un’esperienza più incisiva, anche se limitata al tempo e allo spazio dell’evento. E la co-esistenza – parafrasando Jean-Luc Nancy nella scrittura del Corpus – è un toccarsi al bordo, al confine per riconoscere nello stesso momento sé e l’altro. Perché solo insieme in questo spazio, tra la proposta dell’artista e alla luce del partecipante, si crea un nuovo punto di vista e un plusvalore culturale che travalica anche la qualità stessa dell’opera. Questa per me è la contemporaneità in cui voglio impegnarmi, questo è il valore dell’arte che voglio comunicare; soprattutto nella congiuntura epocale terribilmente importante che stiamo attraversando.

Come conclude Claudio Parmiggiani: “Questo mio lavoro non significa niente ma questo niente significa tutto” per me.

E anche per noi significa davvero molto.

È possibile acquistare il testo al seguente link: CORPUS ET VULNUS: Omaggio ai maestri Tàpies, Kiefer, Parmiggiani : Illuminato, Sergio Mario: Amazon.it: Libri