La chiave è: guardare, guardare, osservare, vedere, immaginare, inventare, creare.

Marcello Toma è pittore, decoratore e architetto. Si è laureato in Architettura a Firenze nel 1987. Dal 2008 ha iniziato un’attività espositiva dei suoi lavori, partecipando ad alcune collettive e allestendo mostre personali in varie parti d’Italia.
Dopo vari anni di attività a Roma, ora vive e lavora in provincia di Torino.

Marcello Toma

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Ci parli della tua evoluzione artistica?
La pittura è stata sempre una mia passione, anche se, laureandomi in architettura, sono stato costretto ad allontanarmene per un po’. Col tempo sono ritornato alla pittura e l’esperienza di Piano Creativo mi ha portato a sviluppare nuovi soggetti per i miei lavori, i Rotomatismi – come mi piace chiamarli con un neologismo – cioè macchine, ruote dentate, ingranaggi, che ci rappresentano in tutto e per tutto. Sono individui e nello stesso tempo sono parte inscindibile di un meccanismo che li costringe a ruotare, e questo movimento può essere armonia pura o insopportabile coercizione.

Negli ultimi tempi, a causa della pandemia, mi sono trovato a riflettere sull’importanza delle semplici cose che ci circondano e mi è venuto naturale dipingerle, cercando di far emergere un loro lato quasi poetico, come per la poesia crepuscolare. È nata così la serie di lavori che chiamo Poesia delle piccole cose. Ora mi trovo invece impegnato a sviluppare un nuovo progetto, Nemesi, in cui la protagonista è la natura che tende a riconquistare gli spazi che l’uomo, con azioni scellerate, le ha sottratto.

Poesia delle piccole cose, Marcello Toma
Poesia delle piccole cose, Marcello Toma

Quali finora i momenti più significativi o il momento più significativo del tuo universo artistico?
Una tappa importante della mia esperienza è stata la condivisione, con altri artisti, di un grande spazio a Roma, che chiamavamo Piano Creativo. Era un insieme di studi, prevalentemente pittorici, indipendenti ma fisicamente a contatto, in cui si sviluppava un quotidiano scambio, in una sinergia continua e feconda.

Il fatto che un mio quadro, Paolo e Francesca, della serie dei “Rotomatismi”, sia stato una sorta di protagonista di una serie televisiva su rai1 (Che Dio ci aiuti, prima stagione), si deve alla presenza, in questo spazio, di uno sceneggiatore, ora regista sempre più affermato, che l’aveva scelto. Ciò ha dato una spinta notevole al mio lavoro e all’interesse per il mio lavoro.

Dalla serie televisiva Rai1 Che Dio ci aiuti, prima stagione

Dalla serie televisiva Rai1 Che Dio ci aiuti, prima stagione

Attraverso quali tecniche trovi che tu riesca ad esprimerti meglio?
Sicuramente la pittura a olio è la mia tecnica prediletta, quella con cui riesco a rappresentare al meglio le mie idee. La possibilità di lavorare con calma, consentita da questo tipo di pittura, è per me fondamentale. Spesso parto da un’idea non del tutto definita, ma i tempi lunghi della pittura a olio mi permettono di rimeditare l’opera trovando la giusta quadratura.

C’è stato qualcuno nella tua vita che ti ha influenzato maggiormente?
Sono vissuto in un ambiente in cui l’attenzione per l’arte, e per la pittura in particolare, era continua. Mio padre dipingeva molto e io, fin da piccolo, passavo ore ad osservare il suo lavoro, tecnicamente valido e basato sullo studio dei grandi maestri rinascimentali e barocchi. Questo mi ha indirizzato subito verso una pittura figurativa, dalla quale mi discosto molto raramente.

Rotomatismo, Marcello Toma
Rotomatismo, Marcello Toma

Che cosa provi quando hai davanti una tela bianca?
La sensazione che provo quando dipingo è una sorta di astrazione dalla realtà, una immersione in un mondo che sento profondamente mio, e questo si traduce in un benessere anche fisico, che riduce al minimo gli stimoli fisiologici, le sensazioni di caldo o freddo, salvo poi provare di colpo, una volta smesso di dipingere, una forte stanchezza che la concentrazione precedente aveva tenuto nascosta.

Pensi che l’Arte debba essere un “colloquio” con sé stessi o con gli altri?
L’artista è un comunicatore e ciò che fa entra in relazione col mondo esterno, per cui gli attribuisco una sorta di obbligo morale per quanto riguarda il messaggio che la sua opera veicola: quello di essere impegnato.

Ritengo che il suo impegno e la sua crescita debbano passare attraverso il confronto, anche dialettico, con gli altri. Per me sono state importantissime, come ho già detto, alcune esperienze di studio condivise con altri artisti, ma poi è inevitabile che gran parte del percorso lo si compia soli con se stessi. Se si fa questo lavoro, non ci si stacca mai realmente dal cavalletto, dalla tela: la testa è sempre a quello che si sta facendo o che si vorrebbe fare.

Nemesi, Marcello Toma
Nemesi, Marcello Toma

Una citazione o una frase che ripeteresti volentieri.
La mia citazione preferita è una frase di Le Corbusier: La chiave è: guardare, guardare, osservare, vedere, immaginare, inventare, creare.
Nel saper vedere credo anch’io che ci sia la chiave di tutto il processo artistico, dalla prima idea alla realizzazione finale.

Chi pensi che possa apprezzare e comprendere meglio la tua arte?
Credo che i miei lavori possano piacere a coloro che non si fermano all’aspetto di semplice adesione alla realtà, che pure curo con attenzione. La verosimiglianza è un’arma che uso per un primo coinvolgimento dell’osservatore, che però deve essere, successivamente, in grado di leggere o, meglio, di interpretare ciò che ha davanti, portandolo all’interno della propria esperienza. Spesso mi ritrovo ad ascoltare le suggestioni di chi guarda i miei quadri e, devo dire, il più delle volte rimango sorpreso dall’intensità e dalla profondità di tali suggestioni. Inutile dire che questa è la migliore delle gratificazioni.